- Diritto Penale
Maltrattamenti in famiglia
- Valerio de Gioia
- Diritto Penale
Provvedimento (estremi)
Sentenza – Cass. pen., sez. VI, 1° aprile 2025 – dep. 12 maggio 2025, n. 17852
Tematica
Penale
Maltrattamenti in famiglia
Stalking
Norma/e di riferimento
Artt. 572 e 612-bis c.p.
Art. 337-ter c.c.
Massima/e
Il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di “famiglia” e di “convivenza” di cui all’art. 572 c.p. nell’accezione più ristretta, quale comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà e assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continuativa. Cass. pen., sez. VI, 1° aprile 2025, n. 17852.
In senso conforme: Cass. pen., sez. VI, 30 marzo 2023, n. 31390.
La mera genitorialità condivisa, al di fuori di un rapporto di coniugio o di convivenza, non può costituire, da sola, il presupposto per ritenere sussistente un rapporto “familiare” rilevante ai fini della configurabilità del reato, in quanto gli obblighi di formazione e mantenimento dei figli previsti dall’art. 337-ter c.c. a carico dei genitori non determinano un rapporto reciproco fra questi ultimi, essendo il loro comune figlio l’unico soggetto da essi interessato. Cass. pen., sez. VI, 1° aprile 2025, n. 17852.
In senso conforme: Cass. pen., sez. VI, 30 maggio 2024, n. 26263.
Commento
Maltrattamenti in famiglia: il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di «famiglia» e di «convivenza» nell’accezione più ristretta
di Valerio de Gioia
In tema di rapporti fra il delitto di maltrattamenti in famiglia e quello di atti persecutori, il divieto di interpretazione analogica delle norme incriminatrici impone di intendere i concetti di “famiglia” e di “convivenza” di cui all’art. 572 c.p. nell’accezione più ristretta, quale comunità connotata da una radicata e stabile relazione affettiva interpersonale e da una duratura comunanza di affetti implicante reciproche aspettative di mutua solidarietà e assistenza, fondata sul rapporto di coniugio o di parentela o, comunque, su una stabile condivisione dell’abitazione, ancorché non necessariamente continuativa, sicché può configurarsi l’ipotesi aggravata di atti persecutori di cui all’art. 612-bis, comma 2, c.p., e non il reato di maltrattamenti in famiglia, quando le reiterate condotte moleste e vessatorie siano perpetrate dall’imputato dopo la cessazione della convivenza “more uxorio” con la persona offesa (Cass. pen., sez. VI, 30 marzo 2023, n. 31390).
Né la mera genitorialità condivisa, al di fuori di un rapporto di coniugio o di convivenza, può costituire, da sola, il presupposto per ritenere sussistente un rapporto “familiare” rilevante ai fini della configurabilità del reato, in quanto gli obblighi di formazione e mantenimento dei figli previsti dall’art. 337-ter c.c. a carico dei genitori non determinano un rapporto reciproco fra questi ultimi, essendo il loro comune figlio l’unico soggetto da essi interessato (Cass. pen., sez. VI, 30 maggio 2024, n. 26263).