- Diritto Penale
La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria dopo il «correttivo Cartabia»
- Valerio de Gioia
- Diritto Penale
Provvedimento (estremi)
Sentenza – Cass. pen., sez. IV, ud. 28 marzo 2025 – dep. 14 maggio 2025, n. 18168
Tematica
Penale
Pene sostitutive
Pena pecuniaria
Norma/e di riferimento
Art. 20-bis c.p.
Cass. pen., sez. IV, ud. 28 marzo 2025 – dep. 14 maggio 2025, n. 18168
Massima/e
Le ragioni di incapienza finanziaria non possono formare ostacolo alla sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria che non prevede alcuna valutazione delle condizioni economiche del condannato. Cass. pen., sez. IV, ud. 28 marzo 2025, n. 18168.
In senso conforme: Cass. pen., sez. II, 1° febbraio 2024, n. 9397; Cass. pen., sez. I, 12 ottobre 2023, n. 2357; Cass. pen., sez. III, 11 aprile 2018, n. 26230; Cass. pen., sez. un., 22 aprile 2010, n. 24476.
La ratio delle pene sostitutive ha natura premiale; cerniera del sistema diventa il comma 1 dell’art. 58, poiché il giudice, nell’esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la semidetenzione o con la libertà controllata, deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche. Diversamente opinando si perverrebbe alla conclusione che resterebbe precluso in assoluto, con evidente disparità di trattamento, il beneficio della sostituzione della pena detentiva, norma favorevole, a coloro i quali non siano in condizioni economiche “soddisfacenti”. Ciò a fronte del fatto che proprio l’istituto della “rateizzazione” è prevista proprio al fine di rendere la pena “più aderente al principio di uguaglianza”. Cass. pen., sez. IV, ud. 28 marzo 2025, n. 18168.
In senso conforme: Cass. pen., sez. IV, 9 giugno 2021, n. 37533; Cass. pen., sez. III, 8 marzo 2016, n. 17103; Cass. pen., sez. VI, 10 luglio 2014, n. 36639; Cass. pen., sez. un., 22 aprile 2010, n. 24476
In senso difforme: Cass. pen., sez. V, 10 ottobre 2022, n. 44402
Commento
La sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria dopo il «correttivo Cartabia»
di Valerio de Gioia
L’art. 1, comma 1, lett. a), D.L.vo n. 150/2022 ha introdotto nel codice penale l’art. 20-bis (“Pene sostitutive delle pene detentive brevi”), collocandolo nel Titolo II (“Delle pene”), al Capo I (“Delle specie di pene in generale”), dopo la disciplina generale delle pene principali e delle pene accessorie.
Scopo della novella è stato quello di introdurre le pene sostitutive nel sistema delle pene di cui alla parte generale del codice, creando un raccordo con la disciplina delle stesse pene sostitutive, prevista dalle disposizioni della legge n. 689 del 1981, a loro volta riformulate dall’art. 71. D.L.vo n. 150/2022.
Il citato art. 20-bis, al comma 1 elenca le pene sostitutive già previste dalla legge 689 del 1981: la semilibertà sostitutiva; la detenzione domiciliare sostitutiva; il lavoro di pubblica utilità sostitutivo; nei successivi commi, la pena pecuniaria con la possibilità per il giudice di applicarla in base a una differenziazione collegata alla individuata dosimetria della pena. Anche l’art. 58, L. 689/1981, rubricato “Potere discrezionale del giudice nell’applicazione e nella scelta delle pene sostitutive”, è stato oggetto di intervento da parte del legislatore delegato con il citato D.L.vo n. 150 del 2022 con l’evidente obiettivo di estendere l’ambito applicativo delle sanzioni sostitutive ferma restando la previsione secondo cui il giudice che deve valutare se applicare una pena sostitutiva di tenere conto «dei criteri indicati dall’art. 133 del codice penale».
Come la Suprema Corte ha avuto occasione di evidenziare, le ragioni di incapienza finanziaria non possono formare ostacolo alla sostituzione della pena detentiva in quella pecuniaria che non prevede alcuna valutazione delle condizioni economiche del condannato (Cass. pen., sez. II, 1° febbraio 2024, n. 9397; Cass. pen., sez. I, 12 ottobre 2023, n. 2357; Cass. pen., sez. III, 11 aprile 2018, n. 26230; Cass. pen., sez. un., 22 aprile 2010, n. 24476).
Proprio la pronuncia delle Sezioni Unite n. 24476/2010 ha chiarito che «la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria a norma dell’art. 58 della legge n. 689 del 1981 è consentita anche in relazione a condanna inflitta a persona in condizioni economiche disagiate in quanto la presunzione di inadempimento, ostativa in forza del secondo comma dell’articolo citato, si riferisce soltanto alle pene sostitutive di quella detentiva accompagnate da prescrizioni (semidetenzione o libertà controllata) e non alla pena pecuniaria sostitutiva che non prevede alcuna prescrizione particolare. La ratio delle pene sostitutive ha natura premiale; cerniera del sistema diventa il comma 1 dell’art. 58, poiché il giudice, nell’esercitare il suo potere discrezionale di sostituire le pene detentive brevi con le pene pecuniarie corrispondenti, con la semidetenzione o con la libertà controllata, deve tenere conto dei criteri indicati nell’art. 133 c.p., tra i quali è compreso quello delle condizioni di vita individuale, familiare e sociale dell’imputato, ma non quello delle sue condizioni economiche» (Cass. pen., sez. un., 22 aprile 2010, n. 24476). Le Sezioni Unite hanno ulteriormente rilevato come diversamente opinando si perverrebbe alla conclusione che resterebbe precluso in assoluto, con evidente disparità di trattamento, il beneficio della sostituzione della pena detentiva, norma favorevole, a coloro i quali non siano in condizioni economiche “soddisfacenti”. Ciò a fronte del fatto che proprio l’istituto della “rateizzazione” è prevista proprio al fine di rendere la pena “più aderente al principio di uguaglianza”. La Suprema Corte, consapevole della presenza di pronunce di senso contrario (Cass. pen., sez. V, 10 ottobre 2022, n. 44402), non ha inteso discostarsi dal principio sancito dalle Sezioni Unite e da altre pronunce nel solco del dictum del massimo consesso della Corte di legittimità (Cass. pen., sez. IV, 9 giugno 2021, n. 37533; Cass. pen., sez. III, 8 marzo 2016, n. 17103; Cass. pen., sez. VI, 10 luglio 2014, n. 36639), rimasto invariato anche a seguito dell’intervento della revisione della disciplina per effetto del D.L.vo n. 150 del 2022. Come i giudici di legittimità hanno avuto modo di precisare «Per un verso l’art. 58 della legge n. 689 del 1981 è rimasto invariato nella parte in cui preclude la sostituzione della pena detentiva nei soli casi in cui «sussistono fondati motivi per ritenere che le prescrizioni non siano adempiute dal condannato» (prescrizioni che non esistono per le pene pecuniarie, come osservato nella sentenza Gagliardi); per altro verso, il nuovo regime in tema di pene sostitutive favorisce la scelta delle misure meno afflittive (il comma 3 del citato articolo 58 dispone che «quando applica la semilibertà e la detenzione domiciliare, il giudice deve indicare le specifiche ragioni per cui ritiene inidonei nel caso concreto il lavoro di pubblica utilità o la pena pecuniaria»). Inoltre, il nuovo art. 56-quater inserito dal “decreto Cartabia” prevede che, per determinare l’ammontare della pena pecuniaria sostitutiva, «il giudice individua il valore giornaliero al quale può essere assoggettato l’imputato e lo moltiplica per i giorni di pena detentiva. Il valore giornaliero non può essere inferiore a 5 euro e superiore a 2.500 euro e corrisponde alla quota di reddito giornaliero che può essere impiegata per il pagamento della pena pecuniaria, 4 tenendo conto delle complessive condizioni economiche, patrimoniali e di vita dell’imputato e del suo nucleo familiare» (Cass. pen., sez. II, 1° febbraio 2024, n. 9397; Cass. pen., sez. VI, 28 maggio 2024, n. 29192). Proprio la possibilità di determinare il valore giornaliero in termini esigui costituisce un segnale di favore per la sostituzione della pena detentiva con quella pecuniaria.