- Diritto Penale
La responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche: i criteri di imputazione nei reati colposi
- Valerio de Gioia
- Diritto Penale
Provvedimento (estremi)
Sentenza – Cass. pen., sez. III, ud. 3 aprile 2025 – dep. 23 maggio 2025, n. 19333
Tematica
Penale
Responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche
Imputazione
Norma/e di riferimento
Art. 5, D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231
Massima/e
In tema di imputazione della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, nei reati colposi, le nozioni di interesse o vantaggio per l’ente, di cui all’art. 5, D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231, non devono riferirsi alla realizzazione dell’evento del reato, ma devono riguardare unicamente la condotta, perché è al momento della condotta che si realizza l’intento di procurare un vantaggio. Cass. pen., sez. III, 3 aprile 2025, n. 19333.
In senso conforme: Cass. pen., sez. un., 24 aprile 2014, n. 38343.
In tema di responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, i criterio di imputazione di cui all’art. 5, D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231, sono diversi e alternativi, trattandosi di concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse “a monte” per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, conseguente all’illecito, da un vantaggio obiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex ante, sicché l’interesse e il vantaggio sono in concorso reale. Cass. pen., sez. III, 3 aprile 2025, n. 19333.
In senso conforme: Cass. pen., sez. IV, 17 aprile 2024, n. 22586; Cass. pen., sez. IV, 23 maggio 2018, n. 38363; Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2015, n. 2544; Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2013, n. 10265; Cass. pen., sez. II, 20 dicembre 2005, n. 3615.
In tema responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, i criteri di imputazione sono compatibili con i reati colposi, dovendo essere riferiti alla condotta anziché all’evento, cosicché ricorre il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto. Cass. pen., sez. III, 3 aprile 2025, n. 19333.
In senso conforme: Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2015, n. 2544.
Commento
La responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche: i criteri di imputazione nei reati colposi
di Valerio de Gioia
L’art. 5, D.L.vo 8 giugno 2001, n. 231, che disciplina la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, a norma dell’articolo 11 della legge 29 settembre 2000, n. 300, prevede la responsabilità degli enti forniti di personalità giuridica, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica “per i reati commessi nel suo interesse o a suo vantaggio: a) da persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso; b) da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti di cui alla lettera a)”, stabilendo anche, al comma 2, che “l’ente non risponde se le persone indicate nel comma 1 hanno agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi”.
Quanto alla imputazione della responsabilità, e, in particolare, alla nozioni di vantaggio e interesse per l’ente, necessari per poter ravvisare detta responsabilità, la giurisprudenza di legittimità ha elaborato un criterio di compatibilità secondo cui nei reati colposi le nozioni di interesse o vantaggio per l’ente, di cui all’art. 5, non devono riferirsi alla realizzazione dell’evento del reato, ma devono riguardare unicamente la condotta, perché è al momento della condotta che si realizza l’intento di procurare un vantaggio (Cass. pen., sez. un., 24 aprile 2014, n. 38343).
La giurisprudenza di legittimità ha chiarito che si tratta di criteri diversi e alternativi, trattandosi di concetti giuridicamente diversi, potendosi distinguere un interesse “a monte” per effetto di un indebito arricchimento, prefigurato e magari non realizzato, conseguente all’illecito, da un vantaggio obiettivamente conseguito con la commissione del reato, seppure non prospettato ex ante, sicché l’interesse e il vantaggio sono in concorso reale (Cass. pen., sez. IV, 17 aprile 2024, n. 22586; Cass. pen., sez. IV, 23 maggio 2018, n. 38363; Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2015, n. 2544; Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2013, n. 10265; Cass. pen., sez. II, 20 dicembre 2005, n. 3615).
Si tratta, dunque, di criteri distinti, operanti su piani diversi, uno (l’interesse) su quello soggettivo e l’altro (il vantaggio) su quello oggettivo. Così, l’interesse è il criterio soggettivo (indagabile ex ante) consistente nella prospettazione finalistica, da parte del reo-persona fisica, di giovare all’interesse all’ente mediante il compimento del reato, a nulla valendo che poi tale interesse sia stato concretamente raggiunto o meno. Il vantaggio, al contrario, è il criterio oggettivo (da valutare ex post), consistente nell’effettivo godimento, da parte dell’ente, di un vantaggio concreto dovuto alla commissione del reato. In altri termini, il richiamo all’interesse dell’ente valorizza una prospettiva soggettiva della condotta delittuosa posta in essere dalla persona fisica da apprezzare ex ante, mentre il riferimento al vantaggio evidenzia un dato oggettivo che richiede sempre una verifica ex post (Cass. pen., sez. V, 28 novembre 2013, n. 10265).
Tali criteri sono stati ritenuti compatibili con i reati colposi, dovendo essere riferiti alla condotta anziché all’evento, cosicché ricorre il requisito dell’interesse qualora l’autore del reato ha consapevolmente violato la normativa cautelare allo scopo di conseguire un’utilità per l’ente, mentre sussiste il requisito del vantaggio qualora la persona fisica ha violato sistematicamente le norme prevenzionistiche, consentendo una riduzione dei costi e un contenimento della spesa con conseguente massimizzazione del profitto (Cass. pen., sez. IV, 17 dicembre 2015, n. 2544).