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Home » Pagina Esempio Richiamare Elementor Sentenze anteprima template » Accertamento tributario: l’ambito di applicazione della presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito
  • Tributario
  • martedì, 3 Giugno 2025

Accertamento tributario: l’ambito di applicazione della presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito

  • Nicola Tasco
  • Tributario

Provvedimento (estremi)

Ordinanza – Cass. civ., sez. trib., 12 maggio 2025 (ud. 24 aprile 2025), n. 12539

Tematica

Diritto tributario
Accertamento
Rapporti bancari

Norma/e di riferimento

Art. 32 e 38 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600

Massima/e

In tema di presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine. Cass. civ., sez. trib., 12 maggio 2025, n. 12539

In senso sostanzialmente conforme: Cass. civ. 16 novembre 2018, n. 29572; Cass. civ. 26 settembre 2018, n. 22931; Cass. civ. 20 gennaio 2017, n. 1519

 

Per superare la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari, il contribuente deve provare che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità. Cass. civ., sez. trib., 12 maggio 2025, n. 12539

In senso conforme: Cass. civ. 16 luglio 2020, n. 15161; Cass. civ. 24 luglio 2014, n. 16896; Cass. civ. 24 luglio 2012, n. 13035; Cass. civ. 5 dicembre 2007, n. 25365; Cass. civ. 9 settembre 2005, n. 18016

 

Le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest’ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l’infedeltà delle dichiarazioni e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone. Cass. civ., sez. trib., 12 maggio 2025, n. 12539

In senso conforme: Cass. civ. 15 gennaio 2020, n. 549; Cass. civ. 14 gennaio 2015, n. 428; Cass. civ. 1° ottobre 2014, n. 20668; Cass. civ. 30 novembre 2012, n. 21420; Cass. civ. 6 dicembre 2011, n. 26173

Commento

Accertamento tributario: l’ambito di applicazione della presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito

di Nicola Tasco

 

Per la Corte di Cassazione, la presunzione (relativa) della disponibilità di maggior reddito, desumibile dalle risultanze dei conti bancari a norma dell’art. 32, comma 1, n. 2, del d.P.R. n. 600 del 1973, non è riferibile ai soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, ma si estende alla generalità dei contribuenti come è reso palese dal richiamo, operato dal citato art. 32, anche all’art. 38 del medesimo d.P.R., riguardante l’accertamento del reddito complessivo delle persone fisiche (attinente ad ogni tipologia di reddito di cui esse siano titolari).
La previsione in oggetto si articola nel modo che segue: a) i «dati ed elementi» attinenti ai rapporti bancari possono essere utilizzati nei confronti di tutti i contribuenti destinatari di accertamenti previsti dagli artt. 38, 39, 40 e 41 del d.P.R. n. 600 del 1973 (persone fisiche, titolari di reddito determinato in base alle scritture contabili, redditi di soggetti diversi dalle persone fisiche, redditi accertati d’ufficio); b) la presunzione secondo cui i versamenti ed i prelevamenti sono considerati ricavi o compensi può essere utilizzata nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa o di reddito di lavoro autonomo, soggetti all’obbligo di tenuta delle scritture contabili (con la correzione apportata dalla Corte Cost. con la sentenza n. 228 del 2014 che ha dichiarato l’illegittimità della presunzione di maggiori compensi desumibile dai prelevamenti effettuati dai titolari di reddito di lavoro autonomo). Pertanto, mentre l’operazione bancaria di prelevamento conserva validità presuntiva nei confronti dei soli titolari di reddito di impresa, le operazioni bancarie di versamento hanno efficacia presuntiva di maggiore disponibilità reddituale nei confronti di tutti i contribuenti, i quali possono contrastarne l’efficacia adempiendo l’onere di dimostrare che «ne hanno tenuto conto ai fini della determinazione del reddito soggetto ad imposta o che non hanno rilevanza allo stesso fine» (così, sostanzialmente, Cass. civ. 20 gennaio 2017, n. 1519; conf. Cass. civ. 16 novembre 2018, n. 29572; nel senso indicato si veda anche Cass. civ. 26 settembre 2018, n. 22931). Più nel dettaglio, il contribuente deve provare «che i versamenti sono registrati in contabilità e che i prelevamenti sono serviti per pagare determinati beneficiari, anziché costituire acquisizione di utili; pertanto, in virtù della disposta inversione dell’onere della prova, grava sul contribuente l’onere di superare la suddetta presunzione (relativa) dimostrando la sussistenza di specifici costi e oneri deducibili, che dev’essere fondata su concreti elementi di prova e non già su presunzioni o affermazioni di carattere generale o sul mero richiamo all’equità» (Cass. civ. 16 luglio 2020, n. 15161Cass. civ. 24 luglio 2014, n. 16896; Cass. civ. 24 luglio 2012, n. 13035; Cass. civ. 5 dicembre 2007, n. 25365; Cass. civ. 9 settembre 2005, n. 18016). A fronte della presunzione legale prevista dagli artt. 32 del d.P.R. n. 600 del 1973 e 51 del d.P.R. n. 633 del 1972, la quale «non necessita dei requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti dall’art. 2729 c.c. per le presunzioni semplici», la prova richiesta al contribuente è analitica, «con specifica indicazione della riferibilità di ogni versamento bancario, idonea a dimostrare che gli elementi desumibili dalle movimentazioni bancarie non attengono ad operazioni imponibili, cui consegue l’obbligo del giudice di merito di verificare con rigore l’efficacia dimostrativa delle prove offerte dal contribuente per ciascuna operazione e di dar conto espressamente in sentenza delle relative risultanze» (Cass. civ. 30 giugno 2020, n. 13112; Cass. civ. 3 maggio 2018, n. 10480; Cass. civ. 5 maggio 2017, n. 11102). Al fine di superare la presunzione posta a carico del contribuente dall’art. 32 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, pertanto, non è sufficiente una prova generica circa ipotetiche distinte causali dell’affluire di somme sul proprio conto corrente, ma è necessario che il contribuente fornisca la prova analitica della riferibilità di ogni singola movimentazione alle operazioni già evidenziate nelle dichiarazioni, ovvero dell’estraneità delle stesse alla sua attività (Cass. civ. 11 marzo 2015, n. 4829; Cass. civ. 18 settembre 2013, n. 21303). In questo contesto, «a fronte della presunzione legale di ricavi non contabilizzati, e quindi occulti, scaturenti da prelevamenti bancari non giustificati, il contribuente imprenditore può sempre, anche in caso di accertamento analitico-induttivo, eccepire l’incidenza percentuale dei costi relativi, che vanno, dunque, detratti dall’ammontare dei prelievi non giustificati» (così Cass. civ. 8 marzo 2023, n. 6874, in applicazione dei principi derivanti da Corte cost. n. 10, innovando rispetto al precedente orientamento in materia). Ne consegue che «ove detti costi non siano stati riconosciuti dall’Amministrazione finanziaria, va demandato al giudice di merito l’accertamento dell’ammontare dei costi sostenuti per la produzione del reddito, in ragione del parametro individuato nel par. 8 della sentenza della Corte Costituzionale n. 10 del 2023, quantificandoli in via presuntiva, anche con riferimento alle «medie» elaborate dall’amministrazione finanziaria per il settore di riferimento, o, se del caso, anche a mezzo di consulenza tecnica d’ufficio» (così sempre la già citata Cass. civ. n. 6874 del 2023). Sotto altro profilo, «le verifiche fiscali finalizzate a provare, per presunzioni, la condotta evasiva possono anche indirizzarsi sui conti bancari intestati al coniuge o al familiare del contribuente, potendo desumersi la riferibilità a quest’ultimo da elementi sintomatici, quali: il rapporto di stretta familiarità, l’ingiustificata capacità reddituale dei prossimi congiunti nel periodo di imposta considerato, l’infedeltà delle dichiarazioni e l’esercizio di attività da parte del contribuente compatibile con la produzione della maggiore redditività riferita a dette persone» (Cass. civ. 15 gennaio 2020, n. 549; si vedano, altresì, Cass. civ. 14 gennaio 2015, n. 428; Cass. civ. 1° ottobre 2014, n. 20668; Cass. civ. 30 novembre 2012, n. 21420; Cass. civ. 6 dicembre 2011, n. 26173).

Jusdi una rubrica de “Il diritto, quotidiano Dike” Tutti i diritti riservati Iscritto in data 11 aprile u.s. al n. 56/2024 del Registro Stampa del Tribunale di Roma Dike Giuridica s.r.l. P.IVA e C.F. 10063311210 Riviera di Chiaia, 256 – 80121 NAPOLI

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