- Diritto Amministrativo
L’«errore di fatto» revocatorio
- Carol Gabriella Maritato
- Diritto Amministrativo
Provvedimento (estremi)
Sentenza – Cons. Stato, sez. VI, ud. 14 maggio 2025 – ud. 29 aprile 2025, n. 4144
Tematica
Processo amministrativo
Revocazione
Errore di fatto
Norma/e di riferimento
Art. 106 c.p.a.
Art. 395 c.p.c.
Massima/e
L’errore di fatto evocabile in sede revocatoria consiste nel cd. abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa. Esso non è in linea di principio ravvisabile quando si lamenta una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico, in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio. Cons. Stato, sez. VI, ud. 14 maggio 2025, n. 4144.
In senso conforme: Cons. Stato, sez. VI, 28 settembre 2020, n. 5684.
Ai fini del ricorso per revocazione, l’errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche; esso è configurabile nell’attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento. Cons. Stato, sez. VI, ud. 14 maggio 2025, n. 4144.
In senso conforme: Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2019, n. 7938).
Non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto; di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono fatti ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice. Cons. Stato, sez. VI, ud. 14 maggio 2025, n. 4144.
In senso conforme: Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2022, n. 11566).
Commento
L’«errore di fatto» revocatorio
di Carol Gabriella Maritato
Per il Consiglio di Stato, l’errore di fatto evocabile in sede revocatoria “consiste nel cd. abbaglio dei sensi, e cioè nel travisamento delle risultanze processuali dovuto a mera svista, che conduca a ritenere come inesistenti circostanze pacificamente esistenti o viceversa. Esso non è in linea di principio ravvisabile quando si lamenta una presunta erronea valutazione delle risultanze processuali o una anomalia del procedimento logico, in quanto ciò si risolve in un errore di giudizio” (Cons. Stato, sez. VI, 28 settembre 2020, n. 5684).
L’errore di fatto revocatorio non può, poi, riguardare “l’attività di ragionamento e apprezzamento compiuta dal giudice riguardante l’interpretazione e la valutazione del contenuto delle domande, delle eccezioni e del materiale probatorio, ai fini della formazione del suo convincimento” (Cons. Stato, sez. V, 2 dicembre 2019, n. 8245). Inoltre, “ai fini del ricorso per revocazione, l’errore deve apparire con immediatezza ed essere di semplice rilevabilità, senza necessità di argomentazioni induttive o indagini ermeneutiche; esso è configurabile nell’attività preliminare del giudice, relativa alla lettura ed alla percezione degli atti acquisiti al processo quanto alla loro esistenza ed al loro significato letterale, ma non coinvolge la successiva attività d’interpretazione e di valutazione del contenuto delle domande e delle eccezioni, ai fini della formazione del convincimento” (Cons. Stato, sez. III, 21 novembre 2019, n. 7938).
Deve, poi, aggiungersi che costituisce jus receptum il principio secondo cui integra errore di fatto deducibile ai sensi dell’art. 395, comma 1, n. 4 c.p.c. come motivo di revocazione della sentenza unicamente quello che “derivi da una pura e semplice errata od omessa percezione del contenuto meramente materiale degli atti del giudizio, c.d. svista o abbaglio dei sensi, che abbia indotto l’organo giudicante a decidere sulla base di un falso presupposto di fatto, facendo cioè ritenere esistente un fatto documentalmente escluso ovvero inesistente un fatto documentalmente provato” (così da ultimo Cons. Stato, sez. III , 31 gennaio 2023, n. 1108). Di riflesso, “non costituisce motivo di revocazione per errore di fatto una contestazione sull’attività di valutazione del giudice, perché essa riguarderebbe un profilo diverso dall’erronea percezione del contenuto dell’atto processuale, in cui si sostanzia l’errore di fatto; di conseguenza, il vizio revocatorio non può mai riguardare il contenuto concettuale delle tesi difensive delle parti, come esposte negli atti di causa, perché le argomentazioni giuridiche non costituiscono fatti ai sensi dell’art. 395, n. 4, c.p.c. e perché un tale errore si configura necessariamente non come errore percettivo, bensì come errore di giudizio, investendo per sua natura l’attività valutativa ed interpretativa del giudice” (così Cons. Stato, sez. IV, 29 dicembre 2022, n. 11566).
Questa impostazione ha trovato conferma anche nella più recente giurisprudenza di Cassazione (Cass. civ., sez. un., 5 marzo 2024, n. 5792, par. 10.11 e 10.12), la quale ha ribadito che ciò che è destinato ad essere controllato attraverso lo strumento della revocazione è il “momento percettivo del dato probatorio nella sua oggettività” (e non anche “concernente l’informazione probatoria ritraibile per via logica dal dato probatorio acquisito al giudizio”), essendo l’errore ex art. 395 , comma 1, n. 4) c.p.c. “una falsa rappresentazione della realtà da ascrivere ad un abbaglio dei sensi, a disattenzione, distrazione, in buona sostanza ad una svista, la quale ricorre – si è autorevolmente osservato con formula tanto poco curiale quanto appropriata a fotografare ciò che in concreto accade nell’operare del giudice – quando il giudice prende «fischi per fiaschi e […] verità per buggerate». In breve, una svista del giudice nella consultazione degli atti del processo”.
In aggiunta, da un lato, l’errore di fatto cd. “revocatorio” non può, sempre per consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, cadere su un punto controverso della causa (sostanziale o processuale), sul quale la sentenza abbia pronunciato con motivazione anche solo implicita (in termini Cons. Stato, sez. II, 18 novembre 2022, n. 10169) e, dall’altro, “la contestazione dell’errore di fatto revocatorio, presuppone la sua decisività, requisito che deriva dalla natura straordinaria del rimedio e dall’esigenza di stabilità del giudicato, in ossequio al principio di ragionevole durata del processo e al divieto di protrazione all’infinito dei giudizi” (Cons. Stato, sez. VII, 13 giugno 2022, n. 4796). Non può nemmeno giustificare la revocazione una contestazione concernente il mancato esame di un qualsivoglia documento “o di qualsiasi altra prova offerta dalle parti, dal momento che in casi del genere si potrebbero configurare soltanto errores in iudicando, non contemplati dall’art. 395 c.p.c. quale motivo di ricorso per revocazione” (Cons. Stato, sez. IV, 18 aprile 2023, n. 3893).